“La fantascienza è un genere sovversivo, adatto a chi vuole porre domande scomode”

(Philip  K. Dick)

 

Introduzione

Tempo fa una frase di Winnicott ha attirato la mia attenzione: “nel trattamento della psicosomatosi più che di rigide e compulsive applicazioni di teorie mediche è necessario un racconto di fantascienza”.

Munito di casco e tuta spaziale ho provato ad esplorare questa affermazione cercando di espanderne il significato.

Perché il sintomo psicosomatico va approcciato come se fosse un racconto di fantascienza?

La fantascienza stimola l’immaginazione ad avventurarsi oltre ciò che è già noto, oltrepassa l’evidenza della realtà e ne mette in discussione i principi. La fantascienza crea, inventa, si prende la libertà di immaginare cose e situazioni che non sono state ancora pensate.

Avviciniamoci al sintomo psicosomatico come se fosse un mondo alieno dunque, e proviamo a descriverlo assumendo il punto di vista della fantascienza.

 

Qualcosa di alieno

Il sintomo psicosomatico si presenta come qualcosa di “alieno” alla propria esperienza soggettiva. Spesso compare assumendo le sembianze di  un’ “evidenza incomprensibile”: parlo di evidenza perché il sintomo è lì, c’è, causa sofferenza, eppure sembra sfuggire ad una valida spiegazione razionale e scientifica. La persona può sottoporsi a numerosi esami strumentali per appurarne l’origine salvo scoprire spesso, con disappunto, di essere perfettamente “sana” dal punto di vista medico.

La nostra mente razionale interpreta tutto questo come un paradosso: c’è un sintomo ma non la causa che lo determina. Curioso, vero?

 

Un’enigma che merita qualche riflessione

Questa caratteristica “enigmatica” del fenomeno psicosomatico ci obbliga a qualche importante riflessione.

La prima: la razionalità non sembra esserci d’aiuto, è evidente che di mezzo c’è qualcosa di profondo che si agita sotto la superficie, come le correnti marine.

La seconda: dobbiamo rinunciare alla linearità del principio di causa effetto se A quindi B. Il sintomo psicosomatico non disegna movimenti lineari ma segue un’orbita circolare in cui interagiscono fattori psicologici, fisiologici e sociali, che vanno individuati e compresi.

La terza: la medicina, in assenza di alterazioni fisiologiche accertate fatica ad individuarne le cause scatenanti e appare, per così dire, “disarmata” (si pensi, ad esempio, alla categoria diagnostica dei sintomi medici inspiegabili, M.U.S.).

 

Un problema del corpo?

A un osservatore distratto il sintomo psicosomatico si presenta a prima vista come un problema del corpo. La psicosomatosi intacca direttamente la materialità del corpo, alterando, ad esempio, le funzioni fisiologiche della respirazione (asma), dell’intestino (sindrome dell’intestino irritabile) o del battito cardiaco (ansia).

Il sintomo psicosomatico, quindi, racconta di qualcosa che è impresso nella carne del corpo e, al contempo, di qualcosa che può esprimersi, soltanto, attraverso il corpo. Il corpo diventa l’unico segno osservabile di un malessere emotivo silenzioso, con il quale, spesso, la persona non è in contatto.

Questa considerazione, “il corpo che si trasforma in segno”, obbliga ad un approccio radicalmente diverso al sintomo: il sintomo non può essere soffocato ma va accolto, ascoltato, e integrato come parte della propria esperienza interiore. Nel disturbo psicosomatico, quindi, abbiamo a che fare con un “corpo-segno” che va “interpretato”, al di là della mera evidenza costituita dal sintomo.

Da questo punto di vista, quindi, il sintomo rappresenta l’unica via di sfogo di una sofferenza emotiva bloccata nel corpo, che non riesce ad accedere alla consapevolezza.

 

La somatizzazione fisiologica e quella patologica

A livello psicologico il nucleo pulsante della psicosomatosi è costituito dalla somatizzazione.

La somatizzazione è quel processo psicofisiologico mediante cui un disagio emotivo presente ma non mentalizzato (letteralmente non accolto dentro alla mente), viene sfogato attraverso il corpo.

E’ importante fare qualche considerazione di ordine generale sulla somatizzazione.

In condizioni normali la somatizzazione permette di dissipare attraverso il soma l’eccitazione prodotta dall’attivazione emozionale, riflette l’inscindibilità di mente e corpo ed è un pò il termometro dei delicati equilibri che intercorrono tra il sistema nervoso, le emozioni, la personalità e gli stressors ambientali che affrontiamo quotidianamente. Di per sé costituisce un processo normale, adattivo, ma si trasforma in un problema quando diventa una modalità ricorsiva, automatica ed inconsapevole di gestione delle emozioni.

 

Caratteristiche psicologiche che favoriscono la somatizzazione patologica

Alcune caratteristiche psicologiche come l’alessitimia, la negazione e la razionalizzazione favoriscono il ricorso alla somatizzazione e, in casi particolari, possono essere utilizzate inconsapevolmente come barriera per proteggersi da emozioni intollerabili. Vediamole brevemente.

L’alessitimia è la difficoltà a riconoscere e ad entrare in contatto con le emozioni. La persona può sfogare quello che prova attraverso il corpo (ad esempio un forte mal di stomaco conseguente ad una brutta litigata), senza avere consapevolezza dell’emozione che sta provando in quel momento (rabbia, appunto). Spesso, persone con tratti alessitimici faticano a comunicare agli altri quello che provano e possono apparire, a prima vista, incuranti della propria esperienza emozionale.

Nella negazione l’individuo rifiuta di riconoscere aspetti evidenti della realtà o della propria esperienza soggettiva per il timore di doversi confrontare con emozioni spiacevoli (es. vergogna).

Persone molto razionali, infine, con una spiccata predisposizione all’intellettualizzazione, possono utilizzare oltremodo il pensiero astratto per imbrigliare le emozioni, privandole della loro carica emotiva e rendendole, per così dire, “innocue”.

 

Una frattura tra mente e corpo

Questo modo di gestire le emozioni, con il tempo, può causare una sorta di frattura tra la mente e il corpo: la persona avverte come aliene (egodistoniche) sensazioni fisiche ed emozioni che invece appartengono alla propria esperienza soggettiva e, invece di accoglierle, tende a rifiutarle  percependole come qualcosa di pericoloso che è “altro da sé”. Il paziente può interpretare male i cambiamenti fisiologici indotti dalla normale attivazione emozionale (es. aumento del battito cardiaco) e può lamentarsene come se fossero sintomi inspiegabili, con un conseguente aumento dell’ansia e della preoccupazione per la propria salute corporea.

L’insieme di queste dinamiche, unite a particolari caratteristiche di personalità e alti livelli di stress, facilita il ricorso alla somatizzazione.

 

Il sintomo psicosomatico, un fenomeno profondamente umano

Osservato dal punto di vista della psicologia dunque, il sintomo psicosomatico cessa di essere incomprensibile e diventa un fenomeno profondamente umano, espressione di un’emotivà soffocata, che riesce ad esprimersi soltanto attraverso le sembianze fastidiose assunte dal sintomo.

Per questo motivo dunque, è importante avvicinarsi al sintomo psicosomatico con la libertà di pensare l’impensabile, mantenendo la stessa apertura mentale con cui si legge un racconto di fantascienza. L’adozione di questo punto di vista, infatti, permette di cogliere le fini trame intessute dal sintomo con l’inconscio, con il corpo e con le emozioni.

Il sintomo deve diventare la base di lancio da cui può spiccare il volo l’immaginazione alla ricerca di significati altri che, trascendendo il corpo, chiamano in causa la storia di vita e il mondo interno della persona.

Il dialogo con lo psicologo, basato sull’empatia e la condivisione, aiuta la persona a normalizzare la propria esperienza emotiva e a dare una forma a quelle emozioni (non pensate) che si trasformano nel sintomo psicosomatico. Pian piano le emozioni cessano di essere agite attraverso il corpo (vengono, cioè, “desomatizzate”), accedono al mentale, e trovano la loro corretta collocazione nel mondo interno della persona.

Questa missione di esplorazione spaziale del fenomeno psicosomatico riesce nella misura in cui l’ esplorazione è sostenuta dal desiderio, autentico, di voler comprendere ciò che, a prima vista, appare alieno ed incomprensibile alla propria esperienza interiore.

 

Dott.ssa Giorgia Benzi

Dott. Alberto Mordeglia

 

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