Che cos’è il lutto?

Il lutto è una condizione di profonda sofferenza che proviamo in seguito alla perdita di una persona significativa (un genitore, un figlio, un amico etc.); di per sé non costituisce una patologia, ma una reazione normale dell’essere umano di fronte alla perdita. Il lutto può essere accompagnato da un’ampia gamma di manifestazioni emotive: pianto, collera, isolamento, disperazione, incredulità, sensi di colpa, desiderio di ricongiungersi con la persona, apatia, calo dell’appetito, tristezza, dimagrimento, insonnia, ansia e depressione.

E’ evidente che un evento così delicato ha un effetto scompaginante sulla personalità, ed espone al rischio di sviluppare una risposta depressiva. Per questo motivo è importante distinguere il “lutto sano” dal “lutto patologico”.

 

Il lutto “sano”

Il lutto sano è l’insieme di quei processi psicologici che si attivano nella persona dal momento della perdita al momento in cui questa viene superata. Potremmo semplicemente definirlo come il tempo necessario alla mente per elaborare questi vissuti dolorosi. Terminato il periodo del lutto la persona accetta la perdita e, dopo una fase di profondo dolore, riesce a riprendere in mano le redini della propria vita.

Il lutto lascia dentro di noi una cicatrice profonda che non andrà mai via del tutto. Questa cicatrice ci ricorda che possiamo ritrovare la persona che non c’è più nel nostro mondo interno: nei ricordi, carichi di affetto e malinconia, e nel tempo che abbiamo trascorso insieme a lei.

 

Il lutto “patologico”

Nel lutto patologico invece, qualcosa si inceppa: la persona non riesce a superare la perdita e a reinvestire le proprie energie nelle faccende quotidiane. E’ come se la mente non riuscisse a digerire quello che è accaduto e fosse costantemente sommersa dalla sofferenza causata dalla perdita.

Il lutto patologico può fare da anticamera allo sviluppo di una condizione depressiva. Nelle situazioni più gravi la persona è soffocata dal dolore, rimugina continuamente su quanto accaduto, è sempre triste e inconsolabile; può smettere di prendersi cura di sé, del lavoro e della famiglia, mettendo a rischio anche la propria sopravvivenza.

 

Negare la sofferenza

In casi particolari la sofferenza causata dalla perdita può essere negata e rifiutata. La persona può reagire al lutto sviluppando un’allegria e un’energia che appaiono vistosamente inappropriate rispetto al momento che sta attraversando. Queste reazioni, di tipo maniacale, hanno la funzione di difendere la persona dal contatto con la sofferenza causata dalla perdita.

 

Obiettivi mancati

L’esperienza del lutto riguarda anche la perdita di idee, ambizioni, progetti, obiettivi e oggetti su cui la persona ha effettuato un considerevole investimento affettivo. Quando qualcosa non va secondo i nostri piani, infatti, si verifica una frattura tra l’ideale (ciò che volevamo accadesse) e la realtà (ciò che accade veramente): ci sentiamo abbattuti, tristi e sfiduciati e abbiamo bisogno di un po’ di tempo per riprenderci.

La mancata realizzazione di ciò su cui abbiamo investito, soprattutto in persone con un’autostima fragile, determina una ferita profonda, e può causare l’insorgenza di vissuti depressivi.

 

Chiedere aiuto

Il tempo necessario ad accettare e a superare la perdita è soggettivo, e varia da caso a caso. E’ importante non sottovalutare il malessere che si prova e chiedere aiuto se si ha la sensazione di non farcela da soli. Un valido sostegno psicologico aiuta la persona a sentirsi sostenuta e ad elaborare le emozioni causate dalla perdita, facilitando il processo di cicatrizzazione della ferita psichica.

L’obiettivo è favorire l’accettazione di quanto accaduto, trovando un posto dentro di sé alla sofferenza che ha causato, in modo che l’individuo possa riprendere in mano con fiducia la propria vita.

 

Dott. Alberto Mordeglia

Dott.ssa Giorgia Benzi

 

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