Che cos’è l’attacco di panico?
L’attacco di panico consiste in un episodio di intensa crisi d’ansia durante il quale la persona sperimenta una forte sensazione di catastrofe imminente caratterizzata dalla paura di perdere il controllo e/o di morire.
A esso si associa un’ampia gamma di sintomi – di intensità variabile – sia fisici, sia psicologici, che costringono la persona a cercare aiuto. Non è raro infatti che chi lo sperimenta per la prima volta si rechi in pronto soccorso, spaventato dal fatto che i sintomi possano essere indice di qualche grave patologia.
Tra i sintomi somatici più frequenti si ricordano: palpitazioni, sudorazione, tremore, dispnea (difficoltà respiratorie), dolore o fastidio al petto, nausea, svenimenti, vertigini, parestesie, brividi, vampate di calore, tensioni muscolari, sensazioni di torpore e formicolio, dolori addominali, ecc.
Tra le manifestazioni psicologiche: senso di irrealtà (esperienze di derealizzazione), sensazione di essere staccati da se stessi -(depersonalizzazione), ansia, paura di morire, timore di impazzire, paura di perdere il controllo del proprio corpo o della propria mente, pensieri negativi che la persona teme di non riuscire a controllare.
Normalmente i sintomi raggiungono la massima intensità in pochissimo tempo e in maniera inaspettata, generando nella persona la convinzione che l’attacco di panico sia imprevedibile.
Spesso gli attacchi si manifestano in periodi di vita relativamente sereni, quando si ha la sensazione che tutto stia procedendo per il verso giusto (famiglia, lavoro, amicizie etc.), tanto che non è raro che i pazienti li descrivano come veri e propri “fulmini a ciel sereno!”.
Insorgenza, andamento e risoluzione
L’evolversi dell’attacco di panico, dall’insorgenza alla risoluzione, descrive una sorta di parabola: inizia, raggiunge un picco di intensità, decresce fino a terminare.
Ogni attacco dura in media una ventina di minuti circa.
Durante la crisi la persona può chiedere di essere accompagnata all’ospedale più vicino o recarvisi di sua iniziativa. Una volta raggiunto un posto sicuro come il pronto soccorso, l’attacco di panico regredisce da sé o mediante la somministrazione di un blando sedativo.
Nella fase di risoluzione l’ansia tende progressivamente a sfumare, la tensione psicofisica diminuisce e l’organismo ritorna a uno stato di quiete.
E’ importante sottolineare che normalmente la persona, terminato l’attacco, ritorna a essere quella di prima.
Paura di stare male in pubblico
Spesso le persone che hanno questa difficoltà sono molto preoccupate dal fatto che l’attacco di panico possa sorprenderle in situazioni sociali specifiche (al ristorante, al cinema, in ufficio, etc.) o mentre sono impegnate in attività particolarmente importanti.
Non di rado accade che a innescare un nuovo attacco sia proprio la “paura della paura” (favorendo la cosiddetta “profezia che si autoavvera”); l’individuo ha infatti così timore di stare male da far sì che quella stessa paura inneschi una crisi d’ansia.
Tutto ciò può spingere il paziente a mettere in atto condotte di evitamento, oppure a svolgere determinate attività solo se nei pressi è presente un pronto soccorso cui rivolgersi in caso di bisogno.
Queste dinamiche, se trascurate, possono evolvere, fino a sfociare in vere e proprie fobie di evitamento.
Attacco di panico, attacco cardiaco e ipertiroidismo
Attacco di panico, attacco cardiaco e ipertiroidismo possono avere sintomi molto simili tra loro. E’ importante distinguerli in sede di diagnosi differenziale. In caso di accesso al pronto soccorso questa procedura viene normalmente svolta dal personale medico, attraverso la raccolta dell’anamnesi e i relativi accertamenti medici.
Alcune ipotesi sull’origine psicologica
Da dove nasce l’attacco di panico? Le variabili che possono influenzare la vita emotiva e il comportamento di una persona sono innumerevoli, ed è difficile pervenire a conclusioni che si adattino indistintamente a ogni individuo.
In generale è comunque ipotizzabile che l’attacco di panico possa essere causato dalla tendenza, da parte di chi ne soffre, a soffocare aspetti della propria personalità; si tratta di parti di Sé misconosciute che, improvvisamente, “saltano” fuori richiedendo a gran voce spazio e attenzione.
Anche la tendenza di certe persone a evitare il confronto e a sopprimere alcuni tipi di emozioni, così come il rispondere agli eventi stressanti misconoscendo la propria vulnerabilità, può favorirne l’insorgenza.
Un semplice esempio può aiutarci a meglio comprendere quanto spiegato finora. Provate a immaginare una pentola a pressione sui fornelli, con il gas acceso al massimo. Qualora non fosse possibile far uscire il vapore al suo interno mediante la valvola regolatrice, la pressione diverrebbe talmente forte da far saltare il coperchio e farne fuoriuscire il contenuto. Questo è esattamente, metaforicamente parlando, ciò che accade in questo tipo di problematica.
In altri casi l’attacco di panico può manifestarsi in situazioni che chiamano in causa l’asse separazione-individuazione, ovvero in quei momenti in cui un individuo si distacca da una persona significativa o deve fare qualcosa di importante dovendo fare affidamento unicamente sulle proprie risorse.
L’essere ansiosi, la tendenza al perfezionismo, il timore delle critiche o l’essere ipercritici verso se stessi sono alcune delle caratteristiche psicologiche che possono favorirne l’insorgenza.
Comunque sia, indipendentemente dalle possibili cause, l’attacco di panico è il segnale che qualcosa non va nella nostra vita interiore.
E’ importante quindi ricostruire il senso soggettivo degli attacchi e il terreno psicologico su cui essi prendono forma, ricordando che il significato di queste manifestazioni psichiche è sempre individuale e radicato nella storia di vita di ognuno di noi.
Accogliamolo: ha qualcosa da dire!
A causa della sofferenza che l’attacco di panico comporta per la persona, esso viene spesso vissuto come un nemico da cui doversi liberare il più in fretta possibile. Seppur comprensibile, questo atteggiamento si rivela sbagliato e controproducente: occorre infatti ricordare che l’attacco di panico è un sintomo, espressione del fatto che qualcosa non va nella nostra vita interiore, cercare di reprimerlo non fa che peggiorare la situazione.
Anche se sgradevole e pauroso è quindi importante accoglierlo per poterlo ascoltare e per poter cogliere ciò che vuole comunicare; esso sta infatti offrendo una nuova prospettiva da cui osservarsi.
Lavorarci sopra, con pazienza
Il lavoro psicologico sugli attacchi di panico consiste nell’offrire un sostegno alla persona, aiutandola a comprendere l’origine del proprio malessere, così come a modificare l’errata interpretazione delle risposte fisiologiche causa spesso dell’aggravamento dei sintomi stessi. La possibilità di attribuire un significato soggettivo alle crisi d’ansia, di capirne l’origine emotiva e cognitiva, favorisce la padronanza che la persona è in grado di esercitare sui sintomi. Con il tempo questi ultimi perdono di incandescenza, l’intensità dell’angoscia diminuisce e la persona raggiunge un maggior livello di consapevolezza e, conseguentemente, di benessere. Tutto ciò si traduce nella possibilità di vivere con più serenità la propria quotidianità.
Alcuni semplici suggerimenti pratici in caso di panico
Dott.ssa Giorgia Benzi
Dott. Alberto Mordeglia
Bibliografia:
Focchi, M. (2006). “Gli attacchi di panico”. In Recalcati, M. Civiltà e disagio. Forme contemporanee della psicopatologia. Mondadori. Milano, 2006.
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